26 aprile, una nuova liberazione per l’Italia che combatte contro il Covid 19. Ma saremo pronti? Per tornare alla vita che abbiamo lasciato non basta un Dpcm, né possiamo semplicemente premere il tasto ON.
Sono tante le persone che il virus lo hanno vissuto sulla propria pelle e che non si sentono ancora pronte a tornare alla propria vita. Nonostante un tampone finalmente negativo. Il Post Covid presenta spesso il conto.
Non basterà riaprire i ristoranti e i bar. Non basterà riaprire i cinema e i teatri, le palestre e le piscine. Tutte, o quasi, le scuole, con i bus che torneranno, a tutte le ore, ad attraversare le nostre strade. Non basterà una parvenza di vita ‘normale’ dopo un terremoto sanitario, economico e sociale durato oltre un anno, che ci ha costretto in casa per tanto tempo: costringendoci a guardare il mondo da una finestra. Non basterà soprattutto a chi col virus ha combattuto tampone dopo tampone.
“Tanti si sentiranno come un cigno nero. Perché non sempre il nostro tempo, quello della psiche, va di pari passo con quello di un tampone negativo o di una società pronta a ripartire”. L’effetto post Covid.
Se è vero che carta canta, non è altrettanto vero, allora, che chiunque abbia superato il Covid – e lo legga a chiare lettere su un referto medico – si senta pronto ad uscire di casa. Quella casa che prima è stata una costrizione, poi quasi una salvezza. In un interscambiarsi continuo di immagini ed emozioni interiori, spesso contrastanti. La psicologa e psicoterapeuta Chiara Gioia ci spiega cosa si prova, più spesso di quanto si creda.
Il Post-Covid: non basta un tampone per tornare alla vita
Perché l’immagine del cigno nero?
“Perché è un’immagine che smentisce ogni nostra previsione. Prima che fosse scoperta l’Australia, si credeva che tutti i cigni fossero bianchi, per questo se ne era creata una vera e propria convinzione. L’assunto secondo il quale ‘Tutti i cigni sono bianchi’ Una volta giunti in Australia si scoprì una varietà di cigni nera, che ha rotto improvvisamente le pregresse convinzioni. Da allora, il termine ‘cigno nero’ viene utilizzato per indicare tutti quegli eventi, non previsti, che in qualche modo alterano la visione comune delle cose. In questo caso il cigno nero è il Covid19, la pandemia: un evento improbabile, con peculiarità ben precise, che ha portato a cambiare la visione delle cose e a cambiare ogni aspetto della nostra vita, generando malattie e morte”.
La pandemia è arrivata come un cigno nero, quindi, “come un evento di grande portata, inaspettato, che ha assunto caratteristiche catastrofiche. E il colore nero, nello specifico ha acquisito – in relazione al Covid19 – significati ben specifici di malattia, morte, addirittura pensieri legati all’idea di un complotto da parte di una nazione nemica. Tantissime sono state le interpretazioni di coloro che hanno sentito la necessità di ricercare una causa esterna a tanta sofferenza, o anche di un’ombra minacciosa che molti hanno interpretato come il lato oscuro della Natura, che vuole opporsi ad un modus operandi inflazionato degli uomini. Secondo questa chiave di lettura, ad esempio, la natura ha cercato di confinare l’uomo dentro le quattro mura della sua casa: lontano dagli altri, dagli affetti, dalle relazioni sociali, necessarie a nutrire il proprio benessere. Lontano dalla quotidianità di sempre e inerme di fronte ad un evento tanto terribile”.